Export Manager ≠ Venditore: Perché l’Export non si Improvvisa

(e non va pagato su commissione)
6 maggio 2025 di
Export Manager ≠ Venditore: Perché l’Export non si Improvvisa
Editorial Staff

Facciamo chiarezza

In Italia c’è ancora molta confusione su cosa significhi davvero “fare export”. Molte aziende pensano che entrare in mercati esteri significhi semplicemente trovare qualcuno che riesca a vendere i loro prodotti fuori dai confini nazionali. Di conseguenza, trattano l’export manager – interno o esterno – come un venditore itinerante.

Questo approccio è profondamente sbagliato.

La vendita è solo una fase del processo di internazionalizzazione, non il processo stesso. Confondere le due cose è uno dei motivi principali per cui molte aziende falliscono all’estero.


Export non è una prestazione commerciale. È un processo strutturato.

Non si conquista un mercato estero con la fortuna o l’improvvisazione. Serve pianificazione, metodo e struttura.

Fare export significa molto più che chiudere accordi: bisogna analizzare i mercati, definire il posizionamento, adeguare l’offerta e il prezzo, scegliere i canali distributivi giusti, rispettare le normative locali, preparare la documentazione. Solo dopo tutto questo arriva lo sviluppo commerciale.

Questo processo richiede tempo, competenze e risorse economiche. Eppure molte aziende cercano di saltare questi passaggi con la classica scorciatoia: “Paghiamo a provvigione, così non rischiamo nulla.”

Il risultato? Massimo rischio, minimo controllo.


Il paradosso del modello a provvigione

Quando un’azienda propone un accordo solo a provvigione, in pratica sta chiedendo all’export manager di assumersi ogni responsabilità: dall’analisi del mercato alla strategia, dai viaggi alle trattative, dalla documentazione all’assistenza post-vendita – tutto a proprio rischio e spese.

È come chiedere a un architetto di progettare e costruire la tua casa, e decidere se pagarlo solo dopo esserti trasferito.

Questo non è partnership. Un export manager non è un investitore. È un professionista che guida un processo complesso. E se quel processo viene valutato solo sui risultati immediati, l’unico esito sarà tempo perso, contatti bruciati e occasioni mancate.


Hai già provato – e non ha funzionato? Non sei il solo

Diciamolo chiaramente: molte imprese hanno già tentato l’export senza successo.

Hanno scelto mercati sbagliati, collaborato con persone inadatte, confuso ordini isolati con strategia. In alcuni casi si sono affidate a generalisti, invece che a veri esperti.

È normale che questo porti frustrazione e diffidenza

Ma il problema non è quasi mai il mercato. Il problema è l’approccio. Ecco perché bisogna ripartire da obiettivi chiari, aspettative realistiche e una struttura solida.

Perché se c’è una cosa certa è questa: senza un piano, non c’è export. E senza budget, non c’è futuro.


L’export si costruisce. Non si spera.

Le aziende che riescono davvero all’estero hanno un punto in comune: affrontano l’export come un processo strutturato, passo dopo passo.

Lavorano con obiettivi chiari, selezionano i mercati con metodo, investono nei canali giusti, mantengono una presenza costante, formano i team e sanno aspettare i risultati.

Tutto il resto è illusione. Sperare di esportare senza investire è la via più veloce per fallire.


Il vero ruolo dell’Export Manager

Un export manager non vende i tuoi prodotti. Costruisce le condizioni per cui la tua azienda possa vendere – con continuità e profitto.

Analizza il potenziale, definisce il posizionamento, adatta il messaggio e l’offerta, coordina logistica e compliance, e traduce il tuo valore in un linguaggio comprensibile per il mercato di riferimento.

Non è un mago. È un partner strategico. E per lavorare al meglio ha bisogno di strumenti, risorse e fiducia.


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Noi di Horecarte non promettiamo ordini in due settimane. Offriamo struttura, visione di lungo periodo e supporto concreto alle PMI che vogliono fare export in modo serio.

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